Valori di ricompensa per sé e gli altri distinti in sede ipotalamica

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 14 marzo 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Un aspetto molto interessante della nostra vita di relazione è la motivazione sociale che deriva dall’effetto di ricompensa che interessa direttamente noi stessi o un’altra persona con la quale siamo in rapporto. In questo periodo, in cui la drastica limitazione degli spostamenti ci impone il confinamento in casa, con rapporti ristretti al proprio nucleo familiare o in un vero e proprio isolamento per chi vive da solo, ci appare in tutta evidenza il ruolo motivante di eventi, fatti, occasioni e circostanze, anche di minima portata, che hanno luogo nel contesto sociale. Lo studio dei correlati neurofunzionali di queste esperienze presenta molti aspetti di interesse, fra i quali, per la nostra società scientifica, vi è anche la possibilità di ottenere informazioni utili allo scopo di una generale ridefinizione dei criteri con i quali si esplorano le basi neurobiologiche della mente.

Nell’indagare le regioni del cervello che registrano in maniera separata le ricompense personali e quelle altrui, producendo effetti differenti, fino ad oggi l’attenzione è stata particolarmente rivolta alle regioni del livello più elevato di integrazione, come quelle neocorticali. In particolare, l’opinione prevalente è che la corteccia prefrontale mediale – considerata da molti una sorta di sede centrale o nodo principale (hub) delle reti sociali del cervello, in grado di monitorare le informazioni comportamentali in modo selettivo e specifico per l’agente – sia responsabile di questa distinzione.

Indubbiamente, depongono a favore di questa visione le evidenze di attivazione negli studi dell’encefalo umano in vivo condotti mediante fMRI; e, anche se la cruciale distinzione fra sé e l’altro sembra essere il prodotto dell’attività di una rete, è ragionevole supporre che lo step discriminativo consista in un’elaborazione dei neuroni prefrontali mediali.

La corteccia prefrontale mediale comprende, secondo la mappa di Brodmann, parti dell’area 8, l’intera area 10 e le aree 12, 24 e 32; le ultime due costituiscono la corteccia cingolata anteriore. Secondo la neurofisiologia classica questa regione è principalmente attiva nell’attenzione e nella motricità somatica, in ruoli non bene chiariti, sia perché le lesioni focali ristrette non presentano costanza topografica nel profilo del deficit, sia perché la fisiologia comparata in questo caso non è di aiuto. Le lesioni più estese delle parti mediali dell’area 6 e 8 comportano spesso difficoltà di avvio e prestazione nei movimenti degli occhi, degli arti e fonoarticolatori.

Le lesioni interessanti maggiormente le aree 24 e 32 causano ipocinesia o acinesia, a seconda dell’estensione, e si accompagnano a difetti nell’abilità di monitorare il proprio comportamento e correggere gli errori. Estese lesioni bilaterali, associate a gravi disturbi neurovegetativi, si rendono responsabili della sindrome del mutismo acinetico. La cataplessia frontale, dovuta probabilmente a eccitazione (tossica o compensativa, non è noto) dell’area 24, la cui stimolazione induce ipotonia muscolare generalizzata[1], è stata descritta da Joaquin Fuster come un’adinamia globale[2].

L’area 24 incuriosisce particolarmente perché è al crocevia fra l’informazione elaborata dalle reti del cosiddetto “sistema limbico”, che include i neuroni ippocampali implicati nella memoria autobiografica e nella distinzione fra sé e non-sé, e la corteccia cerebrale. Ma il sintomo prevalente nel danno esteso della corteccia prefrontale mediale è l’apatia, che riguarda tutte le persone e le cose appartenenti al mondo affettivo del paziente, ed è espressa in genere come un deficit mentale associato ad anosognosia, ossia mancanza di consapevolezza del proprio stato di malattia.

Sulla base di queste nozioni, colpisce l’esito dello studio di Atsushi Noritake e colleghi che dimostra, in una regione subcorticale filogeneticamente antica e rilevante per altre funzioni quale l’ipotalamo laterale, la presenza di informazioni di ricompensa specifiche per l’agente e integrate in un valore soggettivo di gratificazione. Tale segnale di valore “dipendente dalla ricompensa dell’altro” sembra essere impiegato per il comportamento adattativo, in quanto la disattivazione delle cellule dell’ipotalamo laterale elimina totalmente l’impatto motivazionale delle ricompense dell’altro.

(Noritake A., et al. Representation of distinct reward variables for self and other in primate lateral hypothalamus. Proceedings of the National Academy of Science USA 117 (10): 5516-5524, 2020).

La provenienza degli autori è la seguente: Division of Behavioral Development, Department of System Neuroscience, National Institute for Physiological Sciences, National Institutes of Natural Sciences, Okazaki (Giappone); Department of Physiological Sciences, School of Life Science, The Graduate University for Advanced Studies, Hayama, Kanagawa (Giappone); Department of Physiology, Kansai Medical University school of Medicine, Hirakata, Osaka (Giappone).

Anche se il nostro ipotalamo può essere considerato filogeneticamente come una struttura altamente conservata del cervello dei quadrupedi, perché sia significativo il giudizio sul ruolo di una formazione subcorticale in un processo di alto livello di integrazione come la distinzione della gratificazione di sé da quella dell’altro, è opportuna la sperimentazione su primati che abbiano un’organizzazione funzionale dell’encefalo simile alla nostra. Noritake e colleghi, sulla scorta di collaudate esperienze, hanno impiegato una coppia di macachi secondo un paradigma di condizionamento di Pavlov esteso al contesto “sé-e-altro”[3].

Tra i vari nuclei dell’ipotalamo, l’ampio aggregato neuronico laterale è considerato essenziale nel mantenimento dell’equilibrio omeostatico richiesto per la sopravvivenza dell’animale, intervenendo nell’allerta, nella transizione sonno-veglia, nella ricerca di ricompensa, nello stress, nell’ansia, nell’apprendimento e nella memoria, attraverso connessioni anatomiche tra proencefalo e tronco encefalico. Evidenze emerse da recenti studi comportamentali e di neuroimmagine funzionale suggeriscono che l’ipotalamo laterale, nella sua coordinazione di attività omeostatiche dell’animale, estenda la sua influenza anche sul comportamento sociale.

Specificamente, è stato riportato che la foto-attivazione di cellule di questo nucleo ipotalamico, che proiettano alle popolazioni neuroniche dopaminergiche dell’area tegmentale ventrale (VTA), facilita interazioni sociali nei roditori. In studi di neuroimmagine funzionale nei macachi, si è rilevato che il volume della parte laterale dell’ipotalamo e delle strutture adiacenti è maggiore negli esemplari di livello più alto nella gerarchia sociale, in rapporto con la più intensa vita di relazione. Al contrario, nei pazienti affetti da disturbi dello spettro dell’autismo (ASD), che presentano deficit di interazione sociale, la fMRI rivela dimensioni ridotte di questo nucleo.

Tali dati, coerenti in specie diverse, suggeriscono un ruolo sociale filogeneticamente consolidato dell’ipotalamo laterale, anche se la ricerca in questo campo è ancora agli inizi.

Il paradigma sperimentale della coppia di macachi è stato adottato da Noritake e colleghi proprio per indagare su questa valenza dell’aggregato nucleare ipotalamico esterno, incorporando aspetti della comparazione sociale e della limitazione di risorse, manipolando le probabilità di ricompensa per sé e per l’altro.

Gli esperimenti hanno dimostrato che le cellule nervose di questa parte dell’ipotalamo prima codificano un valore soggettivo delle proprie ricompense, tenendo conto dell’informazione sulla ricompensa dell’altro, e poi codificano separatamente la probabilità di ricompensa per sé e per l’altro. I ricercatori hanno poi dimostrato che un’attività coerente con quella della corteccia prefrontale mediale e il flusso di informazioni che da questa provengono, contribuiscono alla codificazione del segnale nell’ipotalamo laterale.

La verifica è stata ottenuta con la disattivazione dei neuroni dell’ipotalamo laterale: senza queste cellule si eliminava l’impatto motivazionale della ricompensa dell’altro.

Combinando questi dati con quelli degli esperimenti di intervento, Noritake e colleghi deducono che il nucleo ipotalamico studiato costituisca un elemento della rete sociale del cervello e agisca modellando il comportamento motivato nei contesti sociali.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-14 marzo 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Tradizionalmente, l’area 24 era inclusa fra le aree soppressorie (Smith, 1945), ossia quelle aree che, stimolate con elettrodi di superficie inducono l’abolizione dell’attività positiva o eccitatoria di altre aree corticali. Il prototipo è l’area 4s che inibisce l’area 4 attraverso la via inibitoria cortico-caudato-pallido-talamica: i neuroni gabaergici del nucleo caudato inibiscono le cellule nervose del nucleo pallido, determinando la soppressione dell’azione di rinforzo esercitata sul nucleo anteriore ventrale del talamo, che normalmente mantiene attiva l’area 4.

[2] Fuster J. M., The Prefrontal Cortex, p. 199, Elsevier AP, 2008.

[3] Noritake A., et al. Social reward monitoring and valuation in the macaque brain, Nature Neuroscience 21, 1452-1462, 2018.